(In)visible Cities: un progetto per raccontare le vite dei migranti africani nel mondo

Prenderà la forma di 12 documentari, 12 articoli, un lungometraggio e un sito web multimediale il progetto (In)Visible Cities, nato da un’idea della giornalista italo – congolese Beatrice Kabutakapua e del videomaker Gianpaolo Bucci.

(In)Visible Cities vuole essere un racconto articolato e ricco delle comunità africane presenti in tutto il mondo. Un esempio di come il giornalismo, attraverso tutti i suoi canali, possa contribuire a diffondere la cultura della diversità, combattendo l’immagine stereotipata e fuorviante che gran parte dei media mainstream e dell’opinione pubblica associano ai migranti.

(In)visible Cities – come si legge nella pagina dedicata al progetto – segue, in diverse aree del mondo, le vite di migranti provenienti dall’Africa Sub-Sahariana”. Attraverso interviste, articoli e video, Beatrice e Gianpaolo cercano di conoscere e far conoscere le vite nei paesi di accoglienza e di approdo di chi proviene da Nigeria, Etiopia, Ghana e da tante altre realtà del continente africano. Una particolare attenzione viene dedicata poi alle reti di relazioni e alle storie delle comunità che in loco vengono a crearsi.

Il metodo seguito è quello dell’intervisita giornalistica, ma proposta in un modo innovativo, che esce dai canoni classici. L’idea è quella di dar voce ai diretti protagonisti in un modo più informale e intimo possibile. Lasciar raccontare davanti alla telecamera – ma come se l’obiettivo di fronte a loro non esistesse – migranti africani che narrano in prima persona la storia della loro esistenza.

 “Il progetto “Città invisibili”, originatosi dall’incontro tra me e Gianpaolo – spiega Beatrice –, nasce dalla mia curiosità nei confronti della cultura africana, dettata anche dalle mie origini per metà italiane e per metà congolesi, e dalla volontà di creare una sorta di database per i media che si trovano a trattare di questioni e aspetti legati ai migranti africani. L’intento è quello di abbattere gli stereotipi negativi che ancora oggi persistono nella rappresentazione del mondo migrante”. 

“Sono rimasto profondamente colpito quando un uomo proveniente dallo Zimbabwe mi ha ringraziato per il lavoro che stavo facendo per “Città Invisibili” – ha commentato Gianpaolo -. Mi ha spinto a impegnarmi ancora di più nel progetto, forte del fatto che ciò che io e Beatrice cerchiamo di portare avanti contribuisce a rafforzare la cultura della diversità”.

La prima trance del progetto ha avuto come background Cardiff. La prossima tappa di (In)Visible Cities sarà Istanbul, nel mese di settembre. Per tenersi sempre aggiornati, basta seguire la pagina del progetto.

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