Un’immagine stereotipata e strumentale dell’Africa e degli africani, oggetto di una comunicazione sbagliata. È questa la critica mossa da alcuni giovani della diaspora africana all’Unhcr Italia a seguito della diffusione di uno spot che l’agenzia Onu ha promosso in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2013, lo scorso 20 giugno. A questo proposito, una petizione online è stata lanciata da un giornalista di origini africane, Fortuna Ekutsu Mambulu e da alcuni giovani della diaspora africana in Italia.
Lo spot sotto accusa riporta due fotografie afferenti a un immaginario che rimanda immancabilmente al continente africano. Si tratta di un bambino nero sorridente che tende una mano e di un gruppo di persone in fuga con poche e povere cose al seguito. “L’immagine trasmessa in questo contesto è sbagliata – dichiara Fortuna Ekutsu Mambulu -: essa veicola infatti un messaggio poco rispettoso nei confronti degli africani e informazioni inesatte”.
Ma le critiche di Fortuna Ekutsu Mambulu non si limitano alla sola locandina creata in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. L’Unhcr viene infatti accusata di “malacomunicazione” ai danni del mondo africano anche per alcuni messaggi diffusi tramite il suo sito. “Quando si entra nel sito dell’Unhcr Italia – continua Fortuna – ci si rende conto che la maggioranza delle immagini pubblicate in home page fa richiamo agli africani. Da buon giornalista, sono andato a verificare le statistiche pubblicate dalla stessa Unhcr a proposito della nazionalità dei rifugiati. Con sorpresa, ho scoperto che gli africani non sono tra i primi nella classifica dei rifugiati giunti nei paesi industrializzati tra 2011 e 2012. Vengono dopo gli afgani, i cinesi e i russi. Allora mi sono chiesto perché l’Unhcr Italia, ben conscia di questi dati, non ne ha tenuto conto nella sua locandina?”
“Da cittadino africano – si legge nel testo della petizione -, mi piacerebbe che tale situazione venisse meno. E sono certo che sono in centinaia le persone che la pensano come me. Gli africani e le africane, indipendentemente dalla loro cittadinanza, sono da anni “vittime scelte” senza il loro accordo. Questa situazione può essere comoda per qualcuno. Ma noi della nuova generazione esigiamo rispetto e giustizia. Anche nell’ambito della comunicazione”.